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1913: lo scudetto sfiorato
1913: lo scudetto sfiorato

1913: lo scudetto sfiorato

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di Giorgio Bicocchi

1913 Lazio-Pro VercelliSettantaquattro anni di vita per festeggiare il primo scudetto. Che, se la Roma si fosse comportata come avrebbe dovuto, senza cedere in modo discutibile alla Juve nel ’73, sarebbe potuto certamente arrivare un anno prima. Anche nel ’37, nella stagione in cui Silvio Piola segno’ a mitraglia, la Lazio era arrivata a sfiorare il titolo, piegata nel rush finale dal Bologna, che, soprattutto nel girone di ritorno, ebbe un andamento più regolare.

Ma pure tredici anni dopo essere stata fondata la Lazio – era la stagione 1912-13 – arrivo’ in finale, piegata nella gara secca soltanto dalla stratosferica (allora) Pro Vercelli. Cosa accadde? Nel 1912 la Federazione concesse pure alle squadre del Centro-Sud di provare quantomeno a sognare di vincere lo scudetto, fino ad allora esclusivo appannaggio delle potenze del Nord.
Il regolamento prevedeva quattro raggruppamenti: il primo al Nord, il secondo in Toscana, il terzo nel Centro-Sud, l’ultimo nello spicchio estremo dello Stivale.
La Lazio – orfana di Santino Ancherani che aveva scelto di fare il musicista nella storica banda del maestro Vassalla, dopo aver praticamente inaugurato il football a Roma – decise di dare addio alla romantica maglia a scacchi per indossare, in quel torneo che fece comunque notizia, una maglia celeste a tinte unite, con il colletto bianco. Primi ed imbattuti nel loro girone, piegando Roman, Audace, Juventus. Nella prima partita di semifinale, la Lazio si impose poi tre a uno a Livorno, in casa della Juventusque. Supremazia netta pure al ritorno, con i laziali che vinsero tre a zero (partita chiusa anticipatamente perché i rivali si ritirarono prima del novantesimo, pensate un po’). Altra doppia sfida contro il Naples, prima di festeggiare l’accesso alla finalissima. Vittoria in Campania due a uno, pareggio al ritorno uno a uno. Fu dunque la Lazio, al termine di test continui, ad avere l’onore di sfidare la Pro Vercelli nella finalissima che valeva lo scudetto. In treno la squadra raggiunse Genova, dove era in programma la gara. Agli ordini dell’arbitro Pippo, il primo giugno 1913, con Baccani allenatore, scesero in campo per i laziali Gaslini, Maranghi, Levi II, Faccani, Fioranti, Di Napoli, Coraggio, Saraceni, Consiglio, Folpini, Corelli.
Nomi leggendari nella storia della nostra società. Poco importa che la partita sia finita sei a zero. Eredità tutta nostra: la squadra che, prima di altre, sfidò gli squadroni del Nord fu la Lazio.

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