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Petrelli, uno del ’74
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di Giorgio Bicocchi

Sergio PetrelliUna litigata solenne, un rapporto mai sbocciato: Helenio Herrera, il “mago”, piu’ dell’Inter, in verità, che dei dirimpettai cittadini, si presento’ furioso in sede reclamando la cessione di Sergio Petrelli, giallorosso senza crederci granchè.
Ascolano, classe ’44, proprio oggi “Pedro” compie 69 anni. Uno dei protagonisti del primo tricolore: terzino arrembante, calzettoni abbassati, grinta, determinazione.

Il mito della “grande Olanda”, il calcio a tutto campo prodotto con ritmo e cambi di passo, era prossimo a sbocciare ma quella Lazio (in particolare con il movimento continuo dei due laterali) già ne incarnava l’essenza. Cresciuto nelle giovanili della Juve, qualche anno in giro per lo Stivale, Petrelli piombo’ a Roma, ritrovandosi all’inizio sulla sponda sbagliata. Per ovviare a quelle continue incomprensioni con Herrera, la Roma avallò cosi’ uno scambio con la Lazio: il portiere Sulfaro e poco meno di venti milioni delle vecchie lire nelle casse giallorosse in cambio del cartellino di Petrelli.
Nacque cosi’, in maniera estemporanea – come molte altre operazioni di mercato di quella Lazio irripetibile – il legame di Petrelli con i nostri colori. Un amore che Sergio, oggi, ha trasmesso ai propri figli, laziali fino al midollo, anche dalla lontana Ascoli. Quattro anni a Tor di Quinto, dal ’72 (stagione, quella del terzo posto, in cui si esibi’ poco dal momento che Maestrelli gli preferiva Facco) al ’76, quando, andandosene Long John, con Maestrelli e Luciano già chiamati a miglior vita, pure l’anima di quella squadra magica era evaporata. Uno scudetto, lui terzino schierato a destra pur avendo il piede mancino. Scorribande continue, con la gioia – proprio all’ultima giornata di campionato, a Bologna – di segnare un gol, entrando coi fatti nella storia del tricolore. In mezzo i suoi scherzi, le sue “bravate”: come quella di sparare in aria per disperdere, la notte prima di un derby, alcuni sostenitori avversari, posizionati sotto l’albergo sull’Aurelia. O come quella, raccontata da chi divideva con lui la stanza d’albergo, di impugnare la pistola, sparando alla lampadina, per spegnere la luce, prima di addormentarsi. Aneddoti di una Lazio che fu, semplicemente irripetibile. Oggi, per “Pedro” è un giorno di festa, in attesa, l’anno prossimo, di tagliare il bel traguardo dei settanti anni, coincidenti (guarda caso) con il quarantennale dello scudetto. Auguri e un abbraccio da tutti noi, Sergio!

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