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Piscedda, compleanno di un Laziale a 18 carati
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di Giorgio Bicocchi

foto PisceddaMassimo Piscedda non si è arricchito giocando a pallone, al pari di molti compagni in cui, su e giù per la Penisola, ha diviso partite, spogliatoi, viaggi e ritiri. Con la Lazio ha svolto l’intera trafila prima di essere stabilmente inserito in prima squadra. Si e’ esibito in provincia, per molte stagioni (Siena, Sanremo, poi Taranto, infine, dopo aver giocato – e inciso – nella Lazio del meno nove, ad Avellino e Taranto) probabilmente attendendo il grande salto. Che, oggettivamente, mai si verificò.
Oggi, 14 marzo, una settimana allo sbocciare ufficiale della primavera, Massimo Piscedda, attuale selezionatore azzurro della rappresentativa giovanile di serie B, classe ’52, compie cinquantatré anni. E, ogni Laziale che si rispetti, non può non abbinarlo alle due stagioni per cuori forti vissute con Don Eugenio Fascetti in panchina. Quelle, dall’86 all’88, in cui la Lazio tocco’ drammaticamente con mano la possibilità di sparire dal grande calcio, resuscitando e tornando nel palcoscenico che le compete. Fu Massimo, eccome, ad ispirare, con quel cross spiovuto dalla sinistra del fronte d’attacco, al San Paolo, in quell’infernale pomeriggio del 5 luglio 1987, la testa di Fabio Poli, terminale riciclato per quel gol magico e strappalacrime. Per il resto le sue sei stagioni complessive Laziali – per un totale di poco meno di cento presenze – non hanno portato in dote reti a raffiche, finali di Coppe e successi da sistemare in bacheca. Di lui, in campo, restano però le istantanee di un ragazzo per bene, attaccatissimo ai colori sociali, uno dei tanti eroi buoni che Fascetti (che nostalgia per le sue sfuriate…) alleno’ in quelle fantastiche due annate, in cui il senso di appartenenza e la Lazialita’ più autentica si svilupparono in un binomio straordinario.
Di Lazio, di ciò che rappresenta, Massimo Piscedda, ogni giorno, dall’alba in poi, continua a parlare su una delle emittenti radiofoniche più seguite dell’etere romano e non solo. Da ogni parola emerge sempre l’orgoglio di essere stato parte dei ragazzi del meno nove, entrando – senza vincere – nella storia.
Ecco perché oggi e’ legittimo augurargli di cuore buon compleanno.

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