di Giorgio Bicocchi
Scudetto e coccarda tricolore della Coppa Italia vinti nell’arco di cinque giorni, dalla domenica al giovedi’ di metà maggio del Duemila. Poi, dopo l’estate, l’8 settembre, ecco il “triplete”, con la seconda Supercoppa Italiana piazzata in bacheca: per carità, all’appello mancherebbe la Champions League ma Eriksson, in quei mesi magici, assomigliava davvero a Mourinho e la Lazio aveva le sembianze della strepitosa Inter del 2010, capace di vincere tutto, in Italia ed in Europa.
Allora, riavvolgiamo il nastro di quella storia, approfittando pure della sosta odierna del campionato, Lazio e Inter a giocarsi la Supercoppa. La solidità della Lazio di Eriksson opposta ad una sorta di Inter sperimentale, guidata in panchina da Lippi. Vestiti di nerazzurro c’erano, tra gli altri, Domoraud, Macellari, Sukur, Keane, Vampeta, Farinos, Peralta, Michele Serena, tutta gente che, oggettivamente, lascio’ poche tracce in via Durini e dintorni.
L’affluenza all’Olimpico, tanto per cominciare. Magica, con oltre 65mila spettatori, roba che neppure l’ultimo derby di Coppa Italia è arrivato a tanto. Come tutte le gare in cui si paventavano poche sorprese, ando’ in scena invece una sorta di ribaltone. La Lazio vinse, certo, ma soffrendo maledettamente. Incasso’ tre reti, ad esempio, realizzate da altrettanti carneadi. Bucarono Peruzzi, infatti, Keane (dopo pochissimi minuti dall’avvio), Farinos e Vampeta. Ci imponemmo quattro a tre, sicuro, tenendo pero’ sempre in vita la partita, nonostante il marcato divario tecnico. Da una parte, come illustrato, c’era un’Inter con poche stelle (a parte Seedorf), dall’altro un gruppo collaudato, padrone d’Italia.
Festeggiammo il settimo trofeo dell’era Cragnotti-Eriksson, infatti, mandando in campo Peruzzi Pancaro Mihajlovic Nesta Favalli Stankovic Simeone Veron Nedved Crespo Lopez. Nella ripresa subentrarono pure Gottardi, Sensini e Lombardo. Soppesate nomi e ruoli: c’era un abisso tecnico in campo. Eppure, complice il calcio d’estate ed una condizione fisica complessiva ancora da ottimizzare, la gara si trasformo’ subito in un “flipper” impazzito. Fu la notte di Claudio Lopez: due reti a Ballotta (passato all’Inter dopo aver vinto lo scudetto da noi) segnate sotto la Curva Sud. Triplico’ Sinisa, su rigore, realizzo’ il poker Stankovic. L’Inter, pero’, sfruttando gli errori di una Lazio distratta e poco registrata in difesa, fu sempre in partita. Con orgoglio.
Otto settembre, la notte della Supercoppa con lo scudetto sul petto. Passeranno altri nove anni prima di (ri)battere l’Inter a Pechino, sbarcando a Formello con la terza Supercoppa della storia. Quel giorno – ironia della sorte – Ballardini supero’ il grande Mourinho. Come dire che, nella vita e nello sport, c’è sempre spazio per la speranza.