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Camolese, elogio di un gregario
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di Giorgio Bicocchi

Camolese in azione-wFesteggerà oggi a Torino, il “Camola” – come a Tor di Quinto e nel resto delle squadre dove ha militato lo chiamavano affettuosamente – il compleanno numero 54. Giancarlo Camolese è uno dei meno 9 e, come tale, è entrato legittimamente nel cuore di ogni Laziale. Un ragazzo a cui il successo (non clamoroso, peraltro) mai ha dato alla testa.

Quando allenava il Toro, ad esempio, la squadra che più gli è rimasta nel cuore assieme alla Lazio, un giorno confessò che, davanti alla possibilità di guidare in panchina un club dal Bernabeu, dal Nou Camp o dall’Old Trafford, avrebbe preferito cimentarsi al “Moccagatta”. Che – per coloro che masticano (colpevolmente) solo il calcio effimero della serie A – è lo stadio dell’Alessandria, uno dei clubs storici italiani. Anche solo per aver lanciato nel grande pallone Gianni Rivera e per giocare le partite di campionato con la (inedita) casacca grigia.

Tanto per dire, insomma, che la semplicità e il saper stare al mondo con squisita cortesia sono state da sempre il motto di Giancarlo. Uno che la Lazio – arrivando da Alessandria – scoprì all’improvviso nell’estate dell’86. Con Calleri che gli offrì quaranta milioni di ingaggio, trascinando nell’inferno della Capitale lui, Gregucci e Sgarbossa. Il rapporto più coinvolgente – in quella Lazio leggendaria, capace prima di salvarsi dalla C con una zavorra impressionante e poi, l’anno successivo, di riabbracciare la serie A – Camolese lo ebbe con Fascetti. Capace, all’interno di quella Lazio chiamata dalla storia e dagli eventi a soffrire piu’ di altre nel corso della sua ultracentenaria storia, di coinvolgere sempre tutti, senza mai tralasciare nessuno. Il gruppo, le sue anime: Eugenio fu davvero un cultore del collettivo.
Quasi cinquanta presenze in quei due campionati, dall’86 all’88, quando la Lazio ritrovò sé stessa, la sua gente, il suo orgoglio, l’Olimpico avvolto ogni domenica dal commovente afflato di quarantamila fedelissimi. Camolese c’era in quella Lazio di Don Eugenio. Assieme a Giuliano, Mimmo, Poli, Acerbis, Pin, Terraneo, Piscedda, Brunetti, Mandelli. Non vinsero una Coppa o uno scudetto ma preparono le basi per quello che – solo dopo poche stagioni – realizzò Sergio Cragnotti.
Oggi, dopo aver allenato per due volte il Toro e aver provato a regalare successi alla Reggina e al Livorno, Giancarlo si diverte a fare l’opinionista per alcune tv commerciali. Fateci caso, se vi capita di ascoltarlo: mai una parola fuori posto nei confronti della Lazio, solo bonaria ed affettuosa condivisione. Al cuor non si comanda.
Torino, 25 febbraio 1961, nasce Giancarlo Camolese. Auguri, oggi, al piccolo, grande gregario di una Lazio a suo modo irripetibile.

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