Dal 2012 il centro di studio e documentazione ufficialmente riconosciuto dalla S.S. Lazio
Lele Pin, compleanno di un bel Laziale
Lele Pin, compleanno di un bel Laziale

Lele Pin, compleanno di un bel Laziale

facebookmail

facebookyoutubeinstagram

di Giorgio Bicocchi

Pin-w

Fino a due mesi fa gli auguri, a Lele Pin, avrebbero valicato la vecchia Europa arrivando fino sul Bosforo. Era qui che, dal giugno scorso, il vecchio capitano della Lazio viveva e lavorava, al seguito di Cesare Prandelli, piombato ad Istanbul, sponda Galatasaray, quasi per sfuggire dagli spettri del Mondiale brasiliano. Poi, a novembre, l’esonero e il ritorno a casa, a Vittorio Veneto.


Oggi Gabriele Pin, mediano della Lazio dall’86 al ’92, quasi duecento presenze in sei, diversissimi campionati l’uno dall’altro, compie cinquantaquattro anni: con la nostra maglia addosso ha dato tanto. Senza mai strepitare, urlare, anima silenziosa ma presente di una Lazio passata dall’incubo della quasi serie C ai confini della ritrovata Europa.
Lo ritroviamo accanto a Fascetti e Caso, nell’estate afosa dll’86, nel ritiro umbro di Gubbio quando, dopo la sentenza della Disciplinare, pareva tutto perduto, la serie C zavorra ingombrante. Poi il verdetto della CAF, la cadetteria ritrovata seppure col fardello della maxi-penalizzazione. Lui, Giuliano, Antonio, Eugenio, il Poda: ecco gli eroi di quell’annata straripante, con migliaia di Laziali che popolavano l’Olimpico per urlare, a domeniche alternate, il loro senso di appartenenza. Date un’occhiata a ciò che compare dietro la foto acclusa di Lele Pin, addosso la rigorosa maglia Laziale con l’aquila stilizzata targata ‘Tuttosport’: c’è una Tribuna Tevere che pulsa passione.
Pin, da capitano dopo l’addio di Mimmo Caso, ha guidato da centrocampo Lazio d’assalto. Come quella che guadagno’ la promozione con i gol invernali di Monelli e quelli primaverili di Rizzolo. Poi in A ecco la triade di metà campo composta da lui, playmaker con tanto fosforo, Icardi e Sclosa. Era la Lazio di Materazzi, che lanciava Di Canio e si divertiva col funambolo di Montevideo, Ruben Sosa. Calleri allargava gradualmente gli orizzonti, piazzando i colpi Riedle, prima, e Doll, poi, e Pin, la’ dietro, nella zona del campo dove le partite si vincono, c’era sempre. Capitano quando Zoff era in panchina, in quelle annate con l’Uefa obiettivo sbandierato e mai centrato. Quando arrivo’ Gascoigne e la Lazio torno’ a respirare l’aria dell’alta classifica, Pin disse basta, chiedendo di andare a giocare in un ambiente più ovattato: a Parma, quasi che in quell’improvvisa opulenza, lui che la Lazio aveva contribuito a rialzare da un capezzale che pareva infinito, non si riconoscesse più.
Di Lele Pin tornano alla mente la serietà, lo stile, l’abnegazione: e’ stato – a conti fatti – uno dei capitani più applauditi delle nostra storia. Bello oggi ricordarsi di lui e mandargli, come innamorati che non dimenticano il passato, un mucchio di auguri.

facebookmail

facebookyoutubeinstagram